Nel corso degli anni, improvvise esplosioni di ribellione locale sono state innescate da una serie di questioni: dall’inquinamento tossico all’accaparramento illegale di terreni, o al maltrattamento di un membro della comunità per mano della polizia.
Ma questa volta è diverso.
C’è un argomento in primo piano nella mente dei cinesi, e molti sono sempre più stufi di questo problema, che ha provocato un’ampia reazione contro le restrizioni a zero Covid del governo.
Questo si è manifestato con l’abbattimento da parte dei residenti di barriere progettate per imporre l’allontanamento sociale e ora con grandi proteste di piazza nelle città e nei campus universitari di tutto il Paese.
In un certo senso, è difficile spiegare quanto sia scioccante sentire una folla a Shanghai che chiede le dimissioni del leader cinese Xi Jinping.
Qui è estremamente pericoloso criticare pubblicamente il segretario generale del Partito Comunista. Si rischia la prigione.
Eppure erano lì, nella strada di Shanghai (Wulumuqi Lu) che porta il nome della città dello Xinjiang dove un incendio ha ucciso 10 residenti e le restrizioni zero-Covid sono state accusate di aver ostacolato i soccorsi.
Il Partito Comunista è messo alle strette nonostante il suo potere dominante si riversi sul popolo attraverso operazioni violente degli agenti del governo, giustificando la pratica, come l’unica forma per contrastare il popolo in ribellione.
Questo governo cinese, ha avuto tre anni per prepararsi a un’eventuale riapertura, ma invece di costruire più unità ospedaliere di terapia intensiva e di motivare la necessità di vaccinazioni, ha riversato enormi risorse in test di massa, strutture di blocco e isolamento progettate per vincere una guerra contro un virus che non scomparirà mai.
Questo Covid Sars 19, oramai una vera ossessione per il partito comunista cinese…
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